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L’Arabia Saudita viene messa in ombra dai suoi vicini riguardo a Israele

Un pedone cammina tra le bandiere israeliane e degli Emirati Arabi Uniti sul lato di una strada a Netanya, Israele, il 17 agosto. FOTO: KOBI WOLF / BLOOMBERG

di Donna Abu-Nasr 20 agosto 2020 da https://www.bloomberg.com/

Il leader simbolico del mondo musulmano, il regno, è in una situazione imbarazzante dopo l’accordo storico tra gli Emirati Arabi Uniti e lo stato ebraico.

Nella dichiarazione settimanale del governo saudita del 18 agosto, il re Salman bin Abdulaziz ha ringraziato i leader che gli hanno inviato auguri dopo l’ intervento chirurgico alla cistifellea, i ministri hanno elogiato i protocolli sanitari durante il pellegrinaggio hajj e il consiglio dei ministri ha rivisto le misure per contenere la diffusione del nuovo corona virus. È stata inoltre annunciata una serie di promozioni per i dipendenti pubblici.

Si è notata l’ assenza di qualsiasi riferimento al significativo cambiamento di politica per il Medio Oriente che si riflette nella tradizionale sfera di influenza dell’Arabia Saudita. In effetti, una settimana dopo che gli Emirati Arabi Uniti e Israele hanno annunciato il loro sorprendente accordo di pace, è stato il ministro degli Esteri saudita a fare l’unico commento ufficiale, ma solo dopo le pressioni dei giornalisti durante una visita a Berlino.

È difficile indovinare che cosa si pensi nella corte reale. Quello che è chiaro, tuttavia, è che il regno si trova in una situazione imbarazzante, mentre i suoi alleati arabi sono entusiasti per l’accordo. L’ascesa degli Emirati Arabi Uniti come nuovo intermediario di potere nella regione potrebbe segnare un cambiamento nella leadership araba, indebolire l’influenza saudita e rompere ulteriormente l’unità del Golfo arabo. Il regno deve bilanciare questa preoccupazione geopolitica immediata con altre di ordine ideologico. In quanto luogo delle città sante della Mecca e della Medina, l’Arabia Saudita è il leader simbolico della comunità musulmana globale, che è in modo schiacciante solidale con i palestinesi. L’Iran, acerrimo nemico dei sauditi, probabilmente si getterebbe su qualsiasi segnale che il sostegno di Riyad ai palestinesi stia vacillando.

Dopo che altri stati arabi hanno rapidamente lodato la decisione degli Emirati Arabi Uniti del 13 agosto, Israele ha affermato che si aspetta che il Bahrein e il Sudan siano i prossimi a firmare accordi. Il Sudan ha riconosciuto agli Emirati Arabi Uniti di aver tracciato “la rotta corretta per il resto dei paesi arabi” firmando l’accordo con Israele. “L’accordo offre agli Emirati Arabi Uniti l’opportunità di essere il capo diplomatico per il mondo arabo e di essere il soggetto adulto nella regione”, afferma Kamran Bokhari, direttore dello sviluppo analitico presso il Center for Global Policy di Washington.

L’Arabia Saudita non ha legami formali con Israele, ma negli ultimi anni ci sono stati contatti più stretti tra i paesi del Golfo e lo Stato ebraico, che secondo funzionari derivano da preoccupazioni condivise sull’Iran. In un’intervista con la rivista Atlantic nell’aprile 2018, il principe ereditario Mohammed bin Salman, leader de facto dell’Arabia Saudita, ha affermato che Israele ha diritto alla propria terra. Suo padre, il re Salman, però, è un convinto sostenitore della causa palestinese. La mossa degli Emirati Arabi Uniti, un alleato del Golfo, si distacca dalla proposta di pace per porre fine al conflitto arabo-israeliano che il predecessore di Salman, il re Abdullah, aveva presentato ufficialmente in un vertice della Lega araba in Libano nel 2002.

L’iniziativa mirava a scambiare la pace con Israele con la terra presa dallo stato ebraico nella guerra in Medio Oriente del 1967. Chiedeva anche di arrivare ad una giusta soluzione al problema dei rifugiati palestinesi e l’accettazione di uno stato palestinese sovrano e indipendente in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, con Gerusalemme est come capitale. Mancando il consenso palestinese sull’accordo e l’accordo israeliano su tutti i suoi termini, quella proposta non ha funzionato.

Qualsiasi relazione saudita con Israele dipende da quel piano di pace palestinese del 2002, ha detto il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal Bin Farhan Al Saud, quando gli è stato chiesto in una conferenza stampa a Berlino il 19 agosto dopo l’incontro con la sua controparte tedesca. “Quando abbiamo sponsorizzato il piano di pace arabo, eravamo pienamente consapevoli che alla fine ci sarebbero state relazioni tra tutti gli stati arabi, compresa quella dell’Arabia Saudita con Israele”, ha detto. “Ma le condizioni per questo dal nostro punto di vista sono ben chiare: la pace deve essere raggiunta tra palestinesi e israeliani sulla base di parametri riconosciuti a livello internazionale. Una volta ottenuto ciò, tutto è possibile”.

Il vero catalizzatore per il disfacimento dell’unità nel Golfo risale alle rivolte della Primavera araba, che hanno rovesciato quattro capi di stato dopo il loro scoppio nel 2011. Hanno indebolito le economie e fatto precipitare diversi paesi in guerre settarie, offrendo a due potenze non arabe, la Turchia e l’Iran, l’opportunità di ingerirsi continuamente negli affari arabi. La grande rottura nel Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG) di sei paesi, un organo considerato un riferimento dell’affidabilità regionale, è avvenuta nel 2017 quando l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein hanno imposto il boicottaggio del collega Qatar.

Mentre il mondo arabo piombava nel massimo della divisione e del disordine, cresceva la convinzione tra i leader regionali che gli Stati Uniti stessero voltando loro le spalle. Il principe ereditario degli Emirati Arabi Uniti Mohammed bin Zayed avrebbe detto agli alti funzionari americani che la regione aveva ancora bisogno di un “coach” e che questo avrebbe dovuto essere l’America. “Non lasciateci a noi stessi”. Questo ha detto il principe in diverse occasioni, come ricorda Barbara Leaf, ambasciatrice degli Stati Uniti negli Emirati Arabi Uniti dal 2014 al 2018.

La decisione degli Emirati Arabi Uniti di normalizzare le relazioni con Israele può essere spiegata in questo contesto, afferma. “Sono gli Emirati Arabi Uniti, che cercano di immaginare, in quanto paese molto piccolo e vulnerabile, come muoversi in un Medio Oriente post-americano e come tutelare i propri interessi”, afferma Leaf. “Israele è l’unico paese che sta affrontando l’Iran”. Bader Al-Saif, del Carnegie Middle East Center, dice di aspettarsi un ampliamento delle divisioni nel Golfo. Il Kuwait e l’Arabia Saudita sono la linea più dura su Israele, mentre il resto degli stati del CCG seguirà probabilmente le orme degli Emirati Arabi Uniti, dice. “Romperà una già fragile struttura del CCG”, dice Al-Saif. “Riorienterà i suoi sei stati membri lungo diversi assi”.

Questo è già chiaro con tre dei vicini dell’Arabia Saudita. Il Bahrein ha ospitato una conferenza nel giugno 2019 in cui il genero del presidente Trump, Jared Kushner, ha lanciato la sua iniziativa, a lungo promessa, per la pace in Medio Oriente e ha presentato un piano da 50 miliardi di dollari per sostenere l’economia palestinese. Tra i presenti c’erano dirigenti aziendali sauditi e israeliani. Il governo a Manama (capitale del Bahrein) il 15 agosto si è congratulato con gli Emirati Arabi Uniti per il loro accordo e ha lodato la “saggia leadership”.

L’Oman ha accolto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nel 2018, primo viaggio ufficiale di un leader israeliano nella nazione del Golfo in più di due decenni. Il 17 agosto il ministro degli Esteri dell’Oman Yousef Bin Alawi ha discusso gli sviluppi regionali in una conversazione con la sua controparte israeliana, prima di dimettersi come parte di un rimpasto di governo. Il Qatar, che ha ospitato funzionari israeliani e ad un certo momento aveva un ufficio commerciale israeliano a Doha, non ha commentato l’accordo.

Al-Saif afferma che un cambiamento nella politica saudita su Israele potrebbe avvenire dopo il regno di re Salman, che ha 84 anni. In assenza di echi ufficiali, i media sauditi approvati dal governo hanno pubblicato gli elogi di altri paesi per questa iniziativa e articoli con opinioni positive. Analisti sauditi sono apparsi sui canali televisivi regionali dicendo che la mappa dei nemici per il regno è cambiata, con l’Iran ora in cima alla lista. In una “Lettera al popolo palestinese” sul quotidiano Al-Jazirah, lo scrittore saudita Khaled bin Hamad Almalek ha criticato il rifiuto palestinese dell’accordo tra Emirati Arabi Uniti e Israele.

Leaf afferma che le crepe nel CCG incideranno sulla capacità del gruppo di funzionare correttamente. La collaborazione multilaterale sulle azioni di sicurezza potrà essere impossibile, anche con gli Stati Uniti come arbitro. Questo includerebbe la cooperazione su un’architettura di difesa balistica comune, la condivisione dell’ intelligence e il coordinamento del finanziamento antiterrorismo. “Quindi il danno se lo sono fatto da soli”, dice Leaf, che ora è senior fellow del Washington Institute for Near East Policy. “Questo cambiamento su Israele è in parte un riflesso di quella realtà: stanno agendo sempre più singolarmente, inseguendo interessi individuali, non collettivi”. —Con Vivian Nereim, Patrick Donahue, Simone Foxman e Zainab Fattah

Traduzione a cura di Alessandra Mecozzi da https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-08-20/saudi-arabia-gets-upstaged-by-the-uae-on-israel?utm_medium

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