La lotta per la libertà di una ragazza palestinese – Un bel libro!
Di Ahed Tamimi e Dena Takruri
Penguin Random House, 2022,
Copertina rigida US $ 18,49, Kindle US $ 13,99
Recensione del Dr. Michael James, PhD

“È attraverso l’idealismo della giovinezza che l’uomo intravede la verità.”
Dr. Albert Schweitzer
Uno dei primi leader sionisti predisse che i palestinesi alla fine avrebbero acconsentito, affermando: “I vecchi moriranno e i giovani dimenticheranno”. Non è così. La leonessa scrive: “Ho solo sedici anni” e “uno dei miei primi ricordi d’infanzia è la visita a mio padre in una prigione israeliana”.
È nata durante l’occupazione militare della Cisgiordania e questa è l’unica vita che abbia mai conosciuto. Da bambina giocava in strade e cortili disseminati di resti di proiettili ed esplosivi contrassegnati come fabbricati negli Stati Uniti. All’età di nove anni, si è unita alle marce di protesta settimanali nel suo villaggio di Nabi Saleh, dove la sua infanzia è stata caratterizzata da “sparatorie e arresti dei miei cari per resistenza disarmata contro i nostri occupanti”.
La leonessa è Ahed Tamimi, la cui vita è stata una lotta continua perché “come palestinesi, semplicemente risiedendo nelle nostre case, pratichiamo una forma di resistenza”. Ringrazia i suoi genitori per aver scelto e spiegato la disobbedienza civile non violenta, insegnandole a resistere senza odio e introducendola all’azione politica collettiva. “Anche se ero una bambina, ho capito che la mia vita doveva essere dedicata a una causa più grande di me.”
Ahed afferma che la reazione naturale alla vita sotto occupazione è la resistenza: “Osare difendere ciò che era nostro non è un crimine”. Ricorda al mondo che “in quanto popolazione che vive sotto occupazione, ci viene concesso dal diritto internazionale il diritto legale di resistere attraverso la lotta armata”. Con lo spirito poetico di una guerriera che si è limitata a scagliare pietre, afferma: “la nostra forza è nelle nostre pietre… una pietra non è un’arma. È stato a lungo un simbolo di difesa nella coscienza e nella mitologia palestinese”.
Ispirati dagli scolari di Soweto che protestavano contro l’apartheid sudafricano, Ahed e i suoi giovani compagni nelle strade ballavano la tradizionale dabka, sventolavano la bandiera palestinese, cantavano slogan rivoluzionari e applaudivano all’unisono. “Spesso io e gli altri bambini marciavamo in testa al corteo”. È salita alla ribalta per la prima volta nel movimento di liberazione della Palestina quando è stata menzionata da Ben Ehrenreich che, in The Way To The Spring: Life and Death in Palestine, racconta come le marce di protesta settimanali a Nabi Saleh siano diventate un “sofisticato movimento di protesta internazionale. “
Arrestata nel 2017 per aver schiaffeggiato un soldato israeliano, Ahed spiega: “A meno che tu non abbia visto un esercito straniero occupare la tua terra, imprigionare i tuoi genitori, uccidere i tuoi cari e sparare a te e praticamente a tutti quelli con cui sei imparentato, sarà stato difficile capire la rabbia da cui sono stata sopraffatta, vedendo questi soldati mentre camminavano intorno alla nostra proprietà come se ne fossero i proprietari.”
Ha trascorso otto mesi in una prigione israeliana, dove ha sperimentato “una sorellanza inestimabile”. Al suo processo, quando ci si aspettava che si alzasse, confessasse e rinunciasse alla sua azione, disse invece al giudice del tribunale militare israeliano: “Finché occuperai la nostra terra… schiaffeggerò dieci soldati… anche te, se devo, anche se devo vivere in prigione.
Lo schiaffo è stato catturato in una foto che è diventata virale su Internet e ha giustamente svergognato Israele, specialmente quando un politico del partito Likud ha pateticamente lamentato che “uno schiaffo è terrorismo”. La foto ha reso famosa Ahed, paragonanola a Rosa Parks, Giovanna d’Arco e la paramedica di Gaza uccisa Razan al-Najjar. Ahed potrebbe essersi scagliata con quello schiaffo, ma si sente preoccupata per i soldati israeliani: “L’occupazione ha fatto loro il lavaggio del cervello… Minaccia di privarli della loro umanità e della loro coscienza”.
Ahed chiede uno stato inclusivo. “Il sionismo ha preso il nostro paese, dove ebrei, cristiani e musulmani hanno vissuto per secoli, e ne ha fatto un paese governato solo da e per gli ebrei”. Denuncia le rivendicazioni sioniste al “diritto di prendere la terra di altre persone, di cacciarle via. E non posso accettare questo. Nessun palestinese può accettarlo. Nessun essere umano dovrebbe accettarlo”, e afferma che “[dobbiamo] boicottare, isolare e perseguire Israele come criminale di guerra”.
La leonessa è giovane, ma il suo libro è commovente e potente. Invita il mondo a risvegliarsi e condividere la sua indignazione per i crimini di Israele contro l’umanità.
Traduzione di Alessandra Mecozzi
Comments are closed.