
Cominciamo, con questo articolo introduttivo, la pubblicazione di uno speciale dedicato alle donne del mondo arabo che viene pubblicato in inglese o francese da Assafir al Arabi, una piattaforma indipendente “che pubblica analisi relative al mondo arabo, realizzate dai suoi autori , attori influenti, ben radicati nelle loro società e interessati alle questioni che vi si verificano“
Nahla Chahal Professore e ricercatrice in sociologia politica
Redattrice capo, Assafir Al Arabi
Disparità: la condizione delle donne tra credenze diffuse e realtà
Le generazioni delle nostre nonne e madri, radicate nel modernismo, pensavano, ed era anche certo, che l’ accesso all’istruzione e al mercato del lavoro (insieme alla produzione e all’indipendenza finanziaria individuale) fossero una base sufficiente su cui le donne potevano realizzare la loro completa umanità. In un certo senso, questo concetto – nonostante l’importanza dell’istruzione e del lavoro – si è rivelato riduttivo, la realtà lo ha rivelato insufficiente.
| Noor Bahjat – Siria
*Questa pubblicazione ha beneficiato del sostegno della Fondazione Rosa Luxemburg. Questo testo può essere riprodotto in tutto o in parte, con citazione della fonte.
Nell’esaminare la questione dell’uguaglianza delle donne, si può notare che la discussione si riduce, del tutto automaticamente, a confrontare le donne con gli uomini, il loro status e i maggiori privilegi a cui hanno accesso, sebbene la stragrande maggioranza di questi ultimi viva nella stessa condizione di miseria. Allo stesso modo, la legge è resa inutile se non sostenuta da credenze e convinzioni comuni; ed è altrettanto vero il contrario. In genere, le leggi e le credenze comuni corrispondono e reagiscono l’una all’altra; allo stesso modo, una frena o fa avanzare l’altra. Ciò, in particolare, mette in evidenza l’importanza di mettere in discussione idee e valori comuni, perché anche se la legge fosse superiore alle credenze comuni, la società potrebbe ancora trovare modi per eludere alla fine lo stato di cose legale.
Esaminiamo quindi questo argomento attraverso un metodo completamente diverso, che riteniamo sia il modo più appropriato. Ciò che intendiamo, e che abbiamo cercato di catturare in questi otto articoli che provengono da tutta la nostra regione, è ciò che l’uguaglianza significa quando si tratta dell’umanità completamente realizzata delle donne, cioè quando controllano la propria vita. Questa è la libertà, e con essa vengono i valori vitali per i quali gli esseri umani combattono, con in cima la dignità. Influenza tutti gli aspetti della vita, che sono estesi quanto la vita stessa. Tali valori sono interconnessi e intrecciati, a volte anche contraddittori, per cui affrontarli uno dopo l’altro, o separatamente, sembra del tutto impossibile. Possiamo quindi dedurre rapidamente che affrontare e criticare l’insieme delle disuguaglianze di cui soffrono le donne è criticare in modo complessivo il sistema prevalente. Tale critica dovrebbe quindi coinvolgere tutte le relazioni sociali, economiche, legali, politiche, sessuali ed educative. Implica anche che la situazione non può essere risolta senza un rovesciamento dei sistemi sia simbolici che epistemologici, entrambi chiaramente concepiti in modo da nuocere alle donne.
Le generazioni delle nostre nonne e madri, radicate nel modernismo, pensavano, ed era persino certo, che l’istruzione e il contributo al mercato del lavoro (insieme alla produzione e all’indipendenza finanziaria individuale) fossero una base sufficiente su cui le donne potessero realizzare la loro completa umanità. In un certo senso, questo concetto – nonostante l’importanza dell’istruzione e del lavoro – si è rivelato riduttivo, poiché la realtà lo ha mostrato insufficiente.
L’oppressione, l’umiliazione, la banalizzazione e persino l’omicidio, a volte, hanno continuato a danneggiare le donne in tutto il mondo, e non solo nella nostra regione. In quanto tale, la questione della realizzazione della propria umanità delle donne tocca l’intero sistema esistente, e certamente sta al cuore della sua sottostruttura.
Quello che aspiriamo a fare, qui, dunque, è individuare la strada attraverso questa domanda chiave, legata a questa struttura, evidenziandola in modo che diventi premessa per numerosi studi che ulteriormente monitorino, analizzino e ricerchino con lo scopo di fornire un quadro dettagliato di quel “momento” che vive oggi la nostra regione e che, secondo noi, è a un punto di svolta.
Poiché le cose stanno come stanno, cercheremo semplicemente di cogliere e osservare la domanda chiave come porta d’accesso al tema, toccando contemporaneamente il simbolico e l’ epistemologico: la “disparità”, o il divario, tra concezioni e leggi relative alle donne e la loro realtà, cioè lo status e il ruolo che le donne effettivamente giocano, anche se raramente o inadeguatamente riconosciuti.
In questi articoli cerchiamo di monitorare le “credenze” che riguardano le donne nei vari Paesi della nostra regione, siano esse sostanziali o insignificanti, quelle che si configurano come convinzioni comuni e radicate (1), come dati, e quelle che prendono la forma di voci circolate, o storielle derisorie e sprezzanti, insieme al linguaggio e al vocabolario utilizzati per descriverle. Consideriamo anche le leggi, insieme alle misure discriminatorie nei loro confronti. Raccontiamo tutto questo per illustrare il contrasto tra tutto quanto sopradetto e la realtà attuale delle donne, che è anzi progressiva: dalle situazioni generali di vita, agli spazi di lavoro, alla produzione, alle diverse responsabilità che le donne si assumono, all’educazione, alle modalità adottano per vivere la propria vita personale e intima, fino al rapporto con il proprio corpo, e così via.
Diciamo che la effettiva “realtà” delle donne è più grande dei “miti” su di loro; è anche più grande delle leggi che le governano in tutti i paesi della regione. Sarebbe altrettanto utile fare confronti tra queste convinzioni per località, così come esplorare la solida condizione delle donne in paesi che non lo “dimostrano” o non lo esibiscono (come lo Yemen, ad esempio, e certamente molti altri); sarebbe altrettanto utile monitorare le strategie a cui ricorrono le donne per adattarsi e gestire al meglio la propria vita per quanto le loro risorse lo consentono (magari per eludere il tropo che le ossessiona, “cherchez la femme” o “Certo potente è la loro trama ”!), così come i momenti in cui non riescono farlo, da dove entra la violenza.
Le donne si assumono tutte le responsabilità, sia che si tratti di contribuire alle entrate della famiglia (anche se spesso sono le uniche capofamiglia delle loro famiglie), ad altri ambiti diversi, dove prendono decisioni per sé e per le loro famiglie, a mille altre iniziative che giovano al bene comune. Tuttavia, tutto ciò resta “implicito”, nel senso che la consapevolezza di ciò esiste in larga misura, ma è lungi dall’essere riconosciuto nel suo senso plurale: per quanto riguarda le convinzioni, i comportamenti, il linguaggio e, naturalmente, le leggi e, talvolta, misure (che si applicano senza che essere basate su alcuna legge, ma il cui potere è comunque reale).
Questo dossier continua sulla falsariga delle domande sollevate da molti dossier precedenti (ognuno dei quali combina una raccolta di articoli di ricerca che esplorano un argomento, attraverso prismi diversi o su diversi paesi) che Assafir Al-Arabi ha pubblicato negli anni precedenti. L’ultimo è stato la femminilizzazione del lavoro precario (preceduto da: Sono affidabili, Le telecamere e gli schermi delle donne palestinesi, Le loro storie, Le donne e le fatwa religiose, Le donne in politica e diritto, La prostituzione delle donne è schiavitù e Le molestie in tutte le forme, tutti disponibili sul nostro sito Web e accessibili in “Cartelle”). Inoltre, ci sono dozzine di altri articoli simili che non compaiono come parte dei dossier o degli opuscoli; l’ultima delle quali esamina le modifiche in corso alle leggi sullo “statuto personale” e sul “codice di famiglia” in diversi paesi della regione. Pubblichiamo questo dossier nella speranza di produrre testi radicati nella realtà, evitando così generalizzazioni inutili.
Il contenuto di questa pubblicazione è di esclusiva responsabilità di Assafir Al-Arabi e la Fondazione Rosa Luxemburg non può assumersene alcuna responsabilità.
• Questi articoli sono stati scritti da ricercatrici, giornaliste e avvocate provenienti da Egitto, Marocco, Yemen, Libano, Palestina, Algeria e Iraq.
• Traduzione in inglese: Yasmine Haj e Sabah Jalloul
• Tutte le opere d’arte qui presentate sono di Noor Bahjat, Siria.
traduzione a cura di Alessandra Mecozzi
1- In particolare, come “storielle”, le donne sono ad esempio famose per essere cattive guidatrici (e inutile dire che i fantasmi da macho sulla guida delle auto sono abbastanza universali) e che sono la ragione degli ingorghi, e altri simili idee. In realtà, però, la percentuale di donne dietro gli incidenti stradali (soprattutto gravi) è molto inferiore alla percentuale di incidenti provocati dagli uomini, anche se dovessimo considerare il minor numero di donne alla guida. Potremmo anche notare altre “storie umoristiche” (che sono tutt’altro che umoristiche!) come il termine “maschiaccio”, che ha una connotazione negativa, e “sorella degli uomini”, che dovrebbe essere una “cosa buona”, in quanto implica una facilità di socializzazione con gli uomini e di essere alla pari con loro, e la differenza tra questi due termini. Atteggiamenti e fantasmi abbondano anche intorno alle donne non sposate o che non hanno figli. Questa questione, del resto, è al centro della configurazione patriarcale, su cui si fonda l’intero sistema sociale e la divisione del lavoro. Naturalmente qui si possono fare molti altri esempi.
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