Scrivo per ricordare tutto questo: un padre palestinese che ha cercato di salvare sua figlia dalla polizia, i giovani kahanisti che intonavano “morte agli arabi” per le strade, la paura che ho provato quando mi hanno chiesto se fossi di sinistra.
Di Orly Noy da +972 magazine 24 aprile

Nel mese di aprile, sin dall’inizio del Ramadan, la polizia di Gerusalemme ha vietato ai palestinesi di sedersi sugli ampi gradini all’ingresso della Porta di Damasco, la piazza principale della Città Vecchia, e di tenere riunioni serali in onore del mese sacro. Questa decisione arbitraria, per la quale non è stata fornita alcuna spiegazione plausibile, ha acceso una protesta palestinese diffusa. La polizia, come se aspettasse solo il momento propizio, ha trasformato il luogo in un campo di battaglia notturno.
Sullo sfondo di questa violenza, gli attivisti del gruppo suprematista ebraico Lehava hanno invitato i loro sostenitori ad arrivare a frotte “per ripristinare la dignità ebraica”, dopo che sono circolati diversi video di TikTok che mostrano palestinesi che molestano ebrei ultraortodossi nella città. Appoggiati dai loro rappresentanti ora seduti alla Knesset, centinaia di sostenitori dell’organizzazione kahanista hanno risposto all’appello, arrivando nell’area con l’obiettivo dichiarato di attaccare gli arabi (o, in alternativa, la sinistra).
Hanno marciato verso la Porta di Damasco cantando “morte agli arabi”, trasformando giovedì 22 aprile nella notte più violenta che Gerusalemme abbia conosciuto da anni. Anche noi, attivisti di sinistra di Gerusalemme, ci siamo presentati per cercare di controbilanciare i fascisti mentre marciavano per le strade della città.
Sto scrivendo ora non perché abbia fiducia nel fatto che possa cambiare qualcosa descrivendo la zona di guerra a cui ho assistito per le strade di Gerusalemme settimana scorsa, o entrando nei dettagli sui giovani ebrei che hanno cantato “morte agli arabi” nel cuore della città. So che non cambierà proprio nulla.
Marcia della supremazia ebraica nel centro di Gerusalemme:
Scrivo per la necessità di scomporre questa follia nei suoi elementi più basilari, in modo che forse posso capirla meglio. Scrivo per dare la mia testimonianza, perché non c’è nient’altro che posso fare. Scrivo per ricordare.
Scrivo per ricordare che tra le nuvole di gas lacrimogeni e il suono assordante delle granate sparate ai palestinesi, ho visto un padre che teneva la mano di sua figlia, e stavano tentando di fuggire insieme.
Scrivo per ricordare gli occhi terrorizzati dell’adolescente che è stato trascinato dagli agenti di polizia dopo aver caricato un gruppo di giovani palestinesi.
Scrivo per ricordare i gradini vuoti di fronte alla Porta di Damasco, da cui i palestinesi sono stati banditi dall’inizio del Ramadan.
Scrivo per ricordare che quando il fetore della “Skunk” – un veicolo che spara un liquido maleodorante ad alta intensità durante le proteste palestinesi – mi ha quasi fatto vomitare e le feci dei cavalli della polizia sono state lasciate a terra. Mi sono chiesta se il comune avrebbe ripulito la sporcizia il giorno successivo, e quanto doveva essere insopportabile rompere il digiuno nelle notti di Ramadan dopo essere rimasti inzuppati dalle putride acque di fogna della Skunk. Queste dovrebbero essere le notti più festose dell’anno.
Scrivo per ricordare il suono delle granate che riverberavano molto tempo dopo che avevo lasciato l’area.

Scrivo per ricordare come non ho avuto timore nel momento in cui ho visto avvicinarsi un branco di kahanisti assetati di sangue. Invece, sono rimasta piuttosto scioccata da quante persone ci fossero e quanto giovani fossero tutti.
Scrivo per ricordare come abbia avuto paura più tardi quella notte quando alcuni giovani ragazzi ebrei ci hanno chiesto: “Siete di sinistra?”
Scrivo per ricordare gli ebrei ultraortodossi che stavano dall’altra parte della metropolitana leggera di Gerusalemme, vicino al lato ebraico del quartiere di Musrara, e guardavano con eccitazione negli occhi le esplosioni delle granate stordenti sparate alla Porta di Damasco.
Scrivo per ricordare il giovane con lo yarmulke che discuteva con un palestinese dall’altra parte di una barricata della polizia prima di dirgli: “Vi massacreremo tutti, sapete che vi uccideremo uno per uno”.
La polizia israeliana reprime le proteste alla Porta di Damasco:
Scrivo per ricordare i fuochi d’artificio che illuminavano il cielo mentre i Kahanisti cantavano “Non temere, Israele, non temere”.
Scrivo per ricordare gli attivisti di sinistra che andavano in giro in piccolissimi gruppi, a volte in coppia.
E infine, scrivo per ricordare che mentre uscivo di casa, mia figlia mi ha chiesto: “Se li vedi picchiare qualcuno, cosa sarai in grado di fare?” e non avevo idea di come rispondere.
Una versione di questo articolo è stata pubblicata per la prima volta in ebraico su Local Call. Leggilo qui .
Orly Noy è una redattrice di Local Call, attivista politica e traduttrice di opere di poesia e prosa farsi. È membro del consiglio esecutivo di B’Tselem e attivista del partito politico Balad. La sua scrittura affronta le linee che intersecano e definiscono la sua identità di Mizrahi, una donna di sinistra, una donna, una migrante temporanea che vive all’interno di un immigrato perpetuo, e il dialogo costante tra loro.
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