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Fassino vs Albanese: l’Italia è dalla parte sbagliata della storia quando si parla di Palestina?

23 luglio 2022 alle 16:22 | Pubblicato in: Middle East Monitor

Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla Palestina Francesca Albanese [HillelNeuer/twitter]Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla Palestina Francesca Albanese [HillelNeuer/twitter]

Romana Rubeo

La nuova relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, Francesca Albanese, si trova di fronte a un compito colossale. Ci si aspetta che difenda i diritti umani dei palestinesi in un’istituzione politica che, per ora, è in gran parte dominata dagli Stati Uniti e dai suoi alleati occidentali.

Un recente confronto al Parlamento italiano ha testimoniato questa affermazione. Il 6 luglio la Commissione Affari Esteri del Parlamento italiano ha tenuto una audizione /sessione informale con Albanese per discutere le risoluzioni parlamentari sul rilancio del “processo di pace” in Medio Oriente. La commissione è presieduta da Piero Fassino, politico italiano del Partito Democratico.

Fino a poco tempo fa, il partito di Fassino faceva parte della coalizione di governo italiana guidata da Mario Draghi. Fassino è già noto per il suo sostegno a Israele. Nel 2009, durante la guerra israeliana contro Gaza, ha partecipato a un evento organizzato dalla Comunità Ebraica a Roma, dove ha incolpato i palestinesi per la guerra, dichiarando : “La responsabilità (della guerra) è di Hamas, organizzazione che nega a Israele il diritto di esistere”. Prevedibilmente, le sue parole sono state accolte da un grande applauso.

Ma, a prescindere dall’agenda filo-israeliana di Fassino, Albanese non era lei stessa sotto processo. Ha trascorso anni a fare ricerche, scrivere e difendere i diritti dei rifugiati, con particolare attenzione ai rifugiati palestinesi. Il suo libro , Palestine Refugees In International Law , scritto in collaborazione con Lex Takkenberg, è una lettura obbligata per coloro che desiderano comprendere i diritti legali dei rifugiati palestinesi secondo il diritto internazionale.

Purtroppo Fassino non la vedeva così. Dopo la sua introduzione, in cui ha cercato di confondere tra le violazioni israeliane del diritto internazionale e la mancanza di democrazia della leadership palestinese, Albanese ha avuto la parola. Nella sua relazione orale, l’esperta di diritto internazionale ha parlato della attuale realtà dei palestinesi sotto l’occupazione israeliana, sottolineando con chiarezza l’importanza del diritto internazionale riguardo alle violazioni sistematiche dei diritti palestinesi da parte di Israele.

“C’è bisogno di vedere attori internazionali in grado di portare avanti un processo di costruzione della pace, (…) che coinvolga anche l’Europa e l’Italia”, ha affermato Albanese. “Pertanto, vorrei offrire due spunti di riflessione: primo, la necessità di contestualizzare la situazione attuale; e secondo, di vederla attraverso il prisma del diritto internazionale”.

“Non è propriamente un conflitto”, ha continuato Albanese. “La realtà è che c’è un’occupazione militare, iniziata 55 anni fa, e che si è trasformata in uno strumento di colonizzazione. E, quando dico ‘colonizzazione’, mi riferisco al significato giuridico della parola, cercando di lasciare fuori dalla discussione ogni componente ideologica”.

Subito Fassino si è messo sulla difensiva. In primo luogo, ha attaccato Albanese, accusandola di non essere imparziale. Quindi, ha continuato a elaborare una visione immaginaria della storia. Nella versione della storia di Fassino, la Nakba , la catastrofica distruzione della storica patria palestinese, era del tutto assente. Per lui, l’espropriazione di quasi un milione di palestinesi dalla loro terra e la distruzione di quasi 500 città e villaggi tra il 1947 e il 1948 non meritavano di essere menzionati.

Invece, ha incolpato i palestinesi, non il movimento sionista e, successivamente, Israele, per la loro stessa miseria. “Perché lo Stato di Palestina non è stato fondato?” ha chiesto retoricamente prima di offrire una propria risposta: “Perché i palestinesi e altri paesi arabi non hanno accettato la spartizione del mandato britannico e hanno scatenato una guerra contro Israele. Non possiamo dire che non sia stato creato perché qualcuno ne ha impedito la creazione. Questo è storia. Ci sono precise responsabilità”.

Una volta completata la sua infondata analisi storica, Fassino ha dedicato una parte del suo discorso a respingere del tutto il diritto internazionale, affermando che: “Che una questione così complicata possa essere risolta solo sulla base dello stato di diritto è un’illusione astratta”.

Questa affermazione oltraggiosa di per sé richiede un’indagine seria, poiché proviene da un parlamentare il cui compito è quello di tutelare la legge del suo paese, dando risalto alla centralità del diritto internazionale.

Diversi giorni dopo la sessione parlamentare e le bizzarre dichiarazioni di Fassino, Albanese ha scritto un articolo sul quotidiano italiano Il Manifesto , dove ha espresso serie preoccupazioni per la difficoltà di tenere un dialogo ragionevole sulla Palestina, non solo nelle istituzioni statali, ma in Italia nel suo insieme.

“L’idea che il diritto internazionale sia vincolante per i nostri nemici e facoltativo per i nostri alleati è un’interpretazione pericolosa del concetto di autonomia della politica; (un’interpretazione) che io, come giurista, devo condannare”, ha scritto nel suo articolo, “Parlare di Palestina in Italia è impossibile, anche in Parlamento”.

Fassino ha subito ribattuto, anche su Il Manifesto . Nonostante la sua affermazione di “combattere per una pace giusta” e di credere nella soluzione dei due stati, ha prodotto gli stessi vecchi cliché sionisti che Israele è: “Un paese democratico… (Israele è) un paese a cui, per lungo tempo tempo, è stato negato (il diritto di esistere) dai suoi vicini… È sbagliato ritenere solo Israele responsabile… Trovo difficile accettare la definizione di Israele come paese razzista…

Ahimè, le illusioni di Fassino non sono l’eccezione tra politici, intellettuali e media italiani, ma la norma. È abbastanza triste quello che è successo all’Italia negli ultimi decenni. Questo è un paese che ha goduto di un potente elettorato socialista che, nel corso degli anni, ha sostenuto la Palestina e i palestinesi, nonostante le pressioni USA-Occidente.

Per tutti gli anni ’80, l’atteggiamento del governo italiano è stato apertamente filo-palestinese, almeno rispetto ad altri paesi dell’Europa occidentale. Ciò ha portato spesso a scontri sulla politica estera con Israele e i suoi benefattori statunitensi, soprattutto durante la cosiddetta Crisi di Sigonella nel 1985.

Durante un discorso al Parlamento italiano, il premier socialista Bettino Craxi è arrivato addirittura a difendere il diritto palestinese alla lotta armata.

Nel 1982, il presidente italiano Sandro Pertini ha parlato a lungo dell’orrore del massacro di Sabra e Shatila nel suo tradizionale discorso di fine anno alla nazione.

Il fatto che uno dei principali fan club dell’AS Roma, una delle squadre di calcio più amate d’Italia, si chiami “Fedayn”, in riferimento ai combattenti per la libertà palestinesi, la dice lunga su come la solidarietà pro-palestinese sia penetrata in ogni aspetto della società italiana nel corso dei decenni.

Negli ultimi anni, però, le cose hanno cominciato a cambiare. Il sentimento filo-israeliano è cresciuto esponenzialmente in molti settori della vita italiana, soprattutto nel governo e nei media. La lobby filo-israeliana è ormai un attore di rilievo nella politica italiana. Anche il mondo accademico italiano, un tempo esempio di pensiero politico radicale – dopotutto Antonio Gramsci è italiano – ora rigurgita di sciocchezze orientaliste e propaganda filo-israeliana.

Per quanto strano possa sembrare, Fassino una volta era un membro del Partito Comunista Italiano prima di diventare un apologeta di Israele e del sionismo.

C’è speranza, però. Dopotutto, Albanese è lei stessa italiana. Inoltre, i gruppi di solidarietà italiani stanno crescendo a passi da gigante, sfidando l’ideologia sionista che ora affligge le classi dirigenti italiane.

Voltando le spalle alla Palestina, l’Italia volgerebbe le spalle alla sua storia, che si è definita attraverso una lotta esistenziale contro il fascismo e il nazismo. Se Fassino avesse capito la propria storia, avrebbe anche capito che la lotta palestinese contro il sionismo è essenzialmente la stessa storia dell’Italia che si ripete. Purtroppo Fassino, consapevolmente o meno, ora si trova dalla parte sbagliata della storia.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

traduzione a cura di alessandra mecozzi

PalestinaCeL

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