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Perché la storia è importante

Mona Al Ghussein da The MiddleEast on line 2020

Come palestinese cresciuta in Inghilterra, Mona Al Ghussein sa per esperienza personale come ci si sente a vivere e lavorare in un’atmosfera in cui sei sempre considerato come “l’altro”. Mentre la Gran Bretagna ha molto di cui essere orgogliosa, c’è anche molto di cui il paese dovrebbe vergognarsi, come tutte le potenze colonialiste,  Se la società intende davvero andare avanti, certe questioni devono essere affrontate e presto. . .

Come molti ho guardato con orrore i tragici eventi dell’omicidio di George Floyd. Ucciso spietatamente dall’ufficiale di polizia di Minneapolis, Derek Chauvin, che si è inginocchiato sul suo collo nonostante Floyd, supplicasse, perché non riusciva a respirare. L’omicidio di Floyd ha giustamente suscitato scalpore non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo mentre i manifestanti hanno manifestato sotto la bandiera “Black lives matter”. Padre di cinque figli, Floyd, non aveva condotto una vita irreprensibile; ha avuto diversi arresti per possesso di droga. Ma aveva iniziato a dare una svolta alla sua vita, lavorando in una Chiesa cristiana e nel ministero, facendo da guida ai giovani. Ma, a prescindere da tutto ciò, il suo omicidio da parte della polizia ha evidenziato il pregiudizio endemico e sistematico nei confronti delle persone di colore in una miriade di istituzioni in tutto il mondo. La sua morte catturata in video ha suscitato più della tristezza e dell’orrore per la morte prematura di un individuo, ha motivato e stimolato un dibattito e una discussione, a lungo attesi, sul privilegio bianco nel corso dei secoli.

Mi ha fatto fermare e pensare perché dovrebbero essere fatte scuse per azioni e misfatti passati? Perché gli eventi passati dovrebbero essere importanti? ? Perché è importante guardare indietro alla storia? Il mondo è andato avanti e non riuscivo davvero ad assorbire il bisogno di scusarmi per le azioni passate degli antenati. Tuttavia, tale argomento è fondamentalmente e profondamente errato se noi, come società, stiamo cercando di creare e stabilire un mondo equo.

Le scuse da sole non bastano, sono solo un inizio. È fondamentale riconoscere gli eventi del passato, riconoscerli per quello che erano, se mai vogliamo, in modo convincente, affrontare le questioni che rimangono, e ce ne sono tante.

In caso contrario, si sminuisce il crimine, sia esso schiavitù, colonialismo, massacro o appropriazione della terra, da un gruppo all’altro, come nello spostamento dei nativi americani, degli aborigeni australiani e dei palestinesi.

La statua dell’imperialista vittoriano Cecil Rhodes si trova fuori dall’Oriel College di Oxford – per ora

Tutti condividono un fatto innegabile. Il potere e l’abuso di una parte, per lo più bianca europea, nei confronti di un’ altra perché considerato ‘inferiore’, principalmente ma non esclusivamente perché non sono bianchi, praticano religioni diverse o sono, in qualche modo, etnicamente diversi. La maggior parte della corruzione del potere nell’emisfero occidentale si riduce al privilegio bianco che sfrutta le risorse disponibili esclusivamente per il proprio miglioramento, senza riguardo per la popolazione indigena o per i diritti di chiunque altro. Per quanto storiche tali azioni, tutti questi atteggiamenti e pregiudizi sono creati dall’uomo e hanno un impatto diretto su di noi oggi. Siamo quelli che li hanno creati e siamo quelli che possono smantellarli, riconoscendo gli errori dei nostri antenati che hanno creato questa divisione tossica. Nessun essere è più uguale di un altro e quell’ethos deve essere radicato nei nostri sistemi politici ed educativi. Indebolisce la nostra società oggi, ora, se continuiamo a dire “ciò che è passato è passato”.

Un’argomentazione giustificata dal primo ministro britannico Boris Johnson, il quale non riesce a comprendere che le iniquità del passato e la celebrazione di coloro che hanno preso parte alla sua costituzione, servono solo a riaffermare la convinzione che le azioni passate possono essere respinte perché erano del “loro tempo”. Non riconosce l’impatto che tali azioni hanno fino ad oggi.

Non è mai stato giusto colonizzare e decimare secoli di storia e cultura di altre terre per vantaggio commerciale. C’era arroganza da parte dei coloni imperiali che i loro modi, culture e storia fossero superiori, e in larga misura quegli atteggiamenti persistono nel razzismo istituzionalizzato che esiste in molte delle nostre strutture, non ultime le università britanniche. Essendo cresciuta in Inghilterra, come palestinese, l’ho sentito profondamente. Potevo sembrare superficialmente occidentale, ma il fatto che fossi araba mi poneva un punto interrogativo. Solo scimmiottando e adattandomi alla cosiddetta cultura occidentale, sublimando la mia identità, sono riuscita a farmi accettare.

Il passato continua ad insinuarsi nella vita moderna ad ogni livello: razziale, etnico, religioso e nazionale. Sembriamo ancora pensare che sia accettabile contaminare un intero gruppo di persone, con scarso riguardo per l’individuo. Ho accolto con favore la richiesta dell’Oriel College dell’Università di Oxford di rimuovere la statua di Cecil Rhodes dai suoi locali. Quale messaggio continuiamo a dare, se fuori delle nostre più venerate università o piazze teniamo ancora statue di schiavisti e colonizzatori?

I palestinesi con la loro eredità e cultura uniche sono esistiti per generazioni prima della fondazione di Israele nel 1948

Il Medio Oriente è solo un esempio dell’impatto che il colonialismo e la divisione arbitraria hanno avuto sull’area, con il famigerato accordo Sykes-Picot dove i francesi e gli inglesi hanno diviso l’area per servire esclusivamente i loro interessi senza riguardo per la popolazione indigena, la loro storia o identità. La pura arroganza del controllo britannico ha lasciato l’area in un pasticcio intricato e finché non saremo in grado di riconoscere questo fatto, continueremo a perpetuare il mito dell’eroismo su azioni che dovrebbero, più appropriatamente, essere considerate come furto, appropriazione e pregiudizio.

La Palestina è stata arbitrariamente suddivisa per creare lo stato di Israele senza riguardo per il popolo palestinese che vive lì o per la sua storia e legittimità verso la terra, e viviamo ancora oggi con le conseguenze di quell’ingerenza imperialistica. Scegliendo di continuare a celebrare gli autori di tali crimini con statue e riconoscimenti, respingiamo le loro azioni passate come parte di una storia irreversibile, un argomento completamente sbagliato fin dalle sue premesse.

Sebbene questa generazione non possa in alcun modo essere ritenuta responsabile dei crimini e delle azioni di colonialismo, razzismo, distruzione culturale e demonizzazione dell’identità originale, inflitte dai nostri antenati, resta importante riconoscere che quelle azioni del passato hanno ancora un impatto su di noi oggi, sia nella disuguaglianza economica che nella radicata discriminazione razziale nelle istituzioni. È, credo, fondamentale che lo stato si scusi per le pratiche passate e attui cambiamenti tangibili per creare un plateau più equo per tutti noi attraverso l’istruzione.

Mentre i crimini del passato non possono cambiare dove siamo oggi, ciò che il riconoscimento e un programma attivo di nuova pratica e rieducazione fa è impostare il percorso per la vera uguaglianza per il futuro. Dove la nostra norma diventa accettazione totale dell’altro. Questo può essere ottenuto solo quando affrontiamo nuovamente gli errori del passato per garantire che il pregiudizio radicato venga rimosso, sia nei film, nell’arte o nei libri di testo. Questi devono essere inseriti nel loro tempo contestualmente, quindi è assolutamente chiaro che ciò che era accettabile in un’epoca diversa, non è accettabile ora. È essenziale che questo sia radicato in noi: che siamo tutti uguali e in tutti i sensi.

Mantenere grandiosi memoriali per gli individui che hanno promosso, propagato o giocato un ruolo significativo nella schiavitù o nel colonialismo non fa che rafforzare il messaggio che erano eroi o che tutto “andava bene” in quei giorni. Questo non è né giusto né accettabile; non è mai stato e non sarà mai OK.

Mona è una giornalista, scrittrice, produttrice e documentarista palestinese britannica. Attualmente vive in Portogallo e lavora con i migranti. Co-autrice di Feminine Power, i suoi scritti si sono concentrati principalmente sul conflitto israelo-palestinese sia per la stampa britannica che per quella araba. – vedi anche: https://wearenotnumbers.org/home/Mentor/Mona_Al_Ghussein

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